La Storia di Terrapille

Una storia secolare

Il Monastero di San Carlo Borromeo

Il casale e il podere Terrapille, ubicati a pochi chilometri dal centro di Pienza, hanno una storia secolare. Il toponimo compare per la prima volta in un documento del 1683: è una breve annotazione delle spese sostenute per la copia dello “stromento” di acquisto del podere e per l’ “estimo” dello stesso, da parte del monastero intitolato a San Carlo Borromeo delle monache agostiniane di Pienza.

A partire da quell’anno una delle religiose, incaricata dell’economato, annotava le entrate e le uscite, in denaro o in prodotti della terra, relative al mantenimento del monastero. Questo era nato nel 1618 per volontà di un benefattore pientino, Ottavio Preziani e aveva ricevuto l’approvazione ufficiale dal Papa Urbano VIII nel 1633. Il monastero si sosteneva principalmente con gli introiti provenienti da alcuni poderi, tra i quali, appunto, Terrapille, quest’ultimo entrato a far parte della proprietà del monastero in epoca successiva alla sua fondazione. Inizialmente il podere aveva una rendita modesta, legata per lo più alla produzione di cereali (grano, fave, avena) e alla pastorizia (formaggio, lana). Il registro delle entrate del monastero dell’anno 1683 annota, tra l’altro: mese di maggio 15 forme di cacio, mese di giugno 15 forme, mese di luglio 15 forme e 25 libbre di lana.

Nell’elenco dei prodotti del podere, già a partire dal 1684, compare una piccola quantità di vino, confermata anche nel registro del 1686 ( 3 some “di parte”). Successivamente inizia anche una piccola produzione di olio. Un documento della metà del sec. XVIII ( “Libretto di dare e avere di Bernardino Martini mezzaiolo del podere di Terrapille delle R.R. Madri di S. Carlo della città di Pienza, dall’agosto 1750 fino al mese di agosto…..”. elenca i beni del podere in questione: 5 bovi, 45 pecore, 24 agnelli, un somaro, fieno, paglia, uova, olio, grano, vena, orzo in varie quantità).

Di LigaDueOpera propria, CC BY-SA 4.0, Wikipedia

Il Conservatorio

Nel 1787 con decreto del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo, il monastero di San Carlo fu soppresso per essere trasformato in Conservatorio, cioè una scuola per fanciulle gestita dalle monache, ma amministrata dall’autorità laica e sostenuta anche con finanziamenti pubblici. Il Conservatorio mantenne le proprietà fondiarie tra cui Terrapille. Il catasto Leopoldino, presso l’Archivio di Stato di Siena, conserva una mappa catastale redatta nel 1820: a quell’epoca il podere Terrapille comprendeva una casa colonica con annesso un appezzamento di terreno di 900 “braccia quadrate” (corrispondenti a circa 20 ettari). L’ultimo documento che descrive in dettaglio il podere Terrapille è dell’anno 1932, conservato presso l’Archivio del Consorzio di Bonifica della Val d’Orcia:

  • estensione 97 ettari (di cui 82 in collina, 15 in piano)
  • colture ( seminativi con piantagioni 5 ettari, seminativi nudi 35 ettari, incolti 57 ettari)
  • conduzione del podere a mezzadria
  • bestiame (10 bovini, 1 equino, 65 pecore, 7 suini)
  • prodotti ( frumento 200 q, avena 1 q, granturco 9 q, vino 6,5 q, fieno 140 q, paglia)
  • famiglia residente di 14 persone

Il 1900

A partire dagli anni ’50 le caratteristiche colturali di Terrapille (e di altri poderi confinanti) mutarono per iniziativa degli affittuari: quasi tutti i terreni coltivabili furono ridotti a seminativi. Era il periodo della crisi della mezzadria e i contadini abbandonavano i poderi per dedicarsi ad altre attività nei paesi.

Così fu anche per Terrapille: il casale rimase vuoto e a poco a poco andò in rovina. Quell’area assunse l’aspetto che in gran parte ancora oggi mantiene: colline argillose dai dolci declivi, terreni ondulati che ad ogni stagione cambiano colore, dal grigio dell’aratura al verde pallido dei grani appena germogliati, fino al verde cupo e al giallo che precede la mietitura. E’ quanto di meglio la natura possa offrire per la tavolozza di un pittore, il tutto arricchito dal profilo austero del Monte Amiata e dai tramonti rosso-arancio in direzione di San Quirico.

Oggi

La famiglia Mangiavacchi cominciò a lavorare i terreni di Terrapille dal 1953, fino a quando, nel 1989, Giuliano Mangiavacchi ne divenne il proprietario.
Egli ha recuperato il casale in rovina trasformandolo in uno degli agriturismi più suggestivi della Val d’Orcia.
L’agriturismo è gestito dalla figlia Lucia coadiuvata dai genitori Elsa e Giuliano.

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